Per un’Unione del Medioriente

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Khaled Diab

Dato che la sua marcia di avvicinamento all’Europa è diventata piuttosto frustrante, Ankara ha un’altra carta a sua disposizione: stringere i rapporti con i vicini del Medioriente e sviluppare un’alleanza regionale sul modello dell’Unione europea.

Settembre 2009

All’inizio di agosto Tariq Ramadan scriveva sul Guardian che la Turchia fa parte integrante dell’Europa e meriterebbe di entrare nell’Unione europea. Secondo me la Turchia è al tempo stesso europea e non europea, coerentemente con la mia teoria del “incontro tra civiltà”. Tuttavia il fatto che la Turchia sia (almeno parzialmente) europea non significa che entrerà nell’Ue. E questo per svariate ragioni. A cominciare dalla più evidente: la religione e l’inesauribile questione della “cultura”. L’Ue è considerata – più o meno apertamente – da molti dirigenti e cittadini europei come un circolo “cristiano”, una versione laicizzata dell’antica cristianità.

Questa spiega perché alcuni paesi che presentano scadenti risultati in materia di diritti dell’uomo, come la Lituania, o prestazioni economiche dubbie e con l’economia in mano a speculatori e oligarchi, come la Lettonia, siano riusciti a diventarne membri. Questa concezione chiarisce anche le ragioni per le quali la Grecia, “culla” della civiltà occidentale, sia stata autorizzata ad aderire a quella che all’epoca era la Cee, la Comunità economica europea, senza condizioni né preventive né di lungo periodo. Il suo “ritardo economico” non preoccupava più di tanto, così come il conflitto che l’opponeva alla Turchia e i modesti risultati ottenuti in seguiti non fanno paura.

L’asse franco-tedesco in difficoltà

Ma sarebbe un errore sopravvalutare l’importanza dell’identità musulmana della Turchia. Come in molti altri casi, la religione, la civiltà e la cultura servono solo come pretesto per nascondere conflitti di interessi ben più meschini. In primo luogo l’entrata dell’importante popolazione rurale della Turchia nell’Unione, malgrado i progressi economici considerevoli compiuti dal paese negli ultimi anni, suscita molta preoccupazione, per non parlare poi della questione curda.

Inoltre la dimensione di un paese conta molto nell’Ue. Il peso demografico della Turchia è tale che diventerebbe uno dei più grandi paesi membri, se non il più grande da un punto di vista demografico, e questo le darebbe automaticamente un ruolo importante in ambito europeo, mettendo in difficoltà l’asse franco-tedesco e minacciando lo status di altri grandi paesi. Di conseguenza la Bosnia-Erzegovina o l’Albania potrebbero entrare a far parte dell’Ue prima della Turchia. È in parte il peso demografico che spiega anche perché l’Ucraina, nonostante la sua volontà di aderire e l’identità cristiana, non sia andata oltre un semplice avvicinamento formale.

I turchi furiosi e delusi

In ogni modo non deve stupire che i turchi, che aspettano alle porte dell’Ue da più di mezzo secolo, siano furiosi e delusi. Ma invece di aspettare in eterno, Ankara dovrebbe cogliere l’occasione che le viene offerta e trarre profitto dai recenti sforzi fatti per rafforzare i suoi legami in Medio Oriente. Dopo la caduta dell’impero ottomano all’indomani della prima guerra mondiale e la creazione da parte di Mustafa Kemal della repubblica turca moderna e laica, la Turchia ha rotto i suoi legami secolari con il Medio Oriente. Lo stesso hanno fatto gli arabi, segnati dal doloroso ricordo di diversi secoli di assoggettamento e dal forte accentramento amministrativo turco degli ultimi anni dell’impero ottomano, ma anche dal sogno di una completa indipendenza araba.

In questo modo la regione ha sprecato delle possibilità che meriterebbero di essere riconsiderate sulla base di fondamenti moderni e più equi: una stabilità relativa e un dinamico crogiolo di religioni e di etnie. L’Unione europea è il raggruppamento volontario di una regione che ha conosciuto l’unità solo attraverso le conquiste di uomini come Carlo Magno e Napoleone; perché allora il Medio Oriente non potrebbe diventare un’unione volontaria fra i territori dell’ex impero ottomano e i loro vicini desiderosi di riunirsi, come l’Iran o Israele quando avrà fatto la pace con Israele?

Una unione sul modello europeo

Senza dubbio questo progetto è pieno di insidie. Il Medio Oriente, non contento di essere una delle regioni più instabili del mondo, presenta anche un’incredibile diversità, sia sul piano politico che culturale o religioso. Sono convinto che il migliore mezzo di unificazione sia un pragmatismo alimentato dal sentimento di un destino comune forgiato dalle sfide comuni: l’insicurezza e i conflitti, la povertà, la spinta di una gioventù sempre più numerosa, la mancanza d’acqua, il dominio straniero e così via. L’Europa ha fatto i suoi primi passi pragmatici sulla via dell’integrazione con la creazione di un nucleo iniziale composto dai sei paesi della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca). Sul suo esempio, il Medio Oriente potrebbe muovere i suoi primi passi riunendosi attorno alle risorse vitali per il futuro della regione, per esempio il petrolio e l’acqua. Altro obiettivo cruciale in questa zona esplosiva del mondo è la sicurezza. Indipendentemente dall’unione formale, un patto di non aggressione e di difesa reciproca che unisca i paesi della regione rappresenta una condizione fondamentale per la stabilità di domani. Inoltre per garantire la sicurezza degli uomini, degli sforzi devono essere fatti per creare un tribunale dei diritti dell’uomo indipendente per l’intero Medio Oriente.

L’affermazione di questo blocco potrebbe essere visto come una minaccia per gli “interessi vitali dell’Occidente”, con un conseguente dispiegamento di strumenti di soft e di hard power contro questo progetto. Ma la presenza della Turchia, grande potenza militare, alleato fedele degli occidentali e quasi partner dell’Ue, contribuirebbe a ridurre questo rischio. Per ora la visione di un Medio Oriente pacificato e integrato sembra un’utopia, ma chi avrebbe creduto che l’Europa avrebbe potuto risollevarsi dalle devastazioni di due guerre mondiali e abbattere la cortina di ferro per instaurare la pace?

This column appeared in The Guardian Unlimited’s Comment is Free section on 16 August 2009. Read the related discussion. This translated version appeared in Presseurop.eu

Author

  • Khaled Diab is an award-winning journalist, blogger and writer who has been based in Tunis, Jerusalem, Brussels, Geneva and Cairo. Khaled also gives talks and is regularly interviewed by the print and audiovisual media. Khaled Diab is the author of two books: Islam for the Politically Incorrect (2017) and Intimate Enemies: Living with Israelis and Palestinians in the Holy Land (2014). In 2014, the Anna Lindh Foundation awarded Khaled its Mediterranean Journalist Award in the press category. This website, The Chronikler, won the 2012 Best of the Blogs (BOBs) for the best English-language blog. Khaled was longlisted for the Orwell journalism prize in 2020. In addition, Khaled works as communications director for an environmental NGO based in Brussels. He has also worked as a communications consultant to intergovernmental organisations, such as the EU and the UN, as well as civil society. Khaled lives with his beautiful and brilliant wife, Katleen, who works in humanitarian aid. The foursome is completed by Iskander, their smart, creative and artistic son, and Sky, their mischievous and footballing cat. Egyptian by birth, Khaled’s life has been divided between the Middle East and Europe. He grew up in Egypt and the UK, and has lived in Belgium, on and off, since 2001. He holds dual Egyptian-Belgian nationality.

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